S. GIOVANNI THERISTIS

LA LOCALITA'

Il monastero di S. Giovanni Theristìs, si trova nel territorio del comune di Bivongi (Reggio Calabria), in una vallata sovrastata dalle ripide pareti del monte Consolino, denominata ''Vallata bizantina dello Stilaro''.
E' un luogo dove guardandosi intorno, tutto parla di monachesimo e di mondo bizantino, palestra ascetica verso la fine del primo millennio, dei Santi locali Ambrogio e Nicola.
La zona monastica, è compresa tra le fiumare dello Stilaro (provincia di Reggio Calabria) e dell'Assi (provincia di Catanzaro).
Il piccolo monastero con alcune celle e una cappella, rimane a sinistra del grande portale in pietra granitica attraverso il quale si accede nel cortile e poi nella basilica. In fondo al cortile rimangono i ruderi del vecchio monastero basiliano. La basilica, dedicata a S. Giovanni Theristìs (Mietitore), risale alla fine dell' XI sec. Tra le tracce di un preesistente luogo di culto, va segnalato l'attuale nartece (il vano in fondo alla navata della basilica). Il monastero rientra tra gli insediamenti ascetici posti sulle pendici del monte Consolino e delle colline circostanti, abitati da monaci dalla cultura, dalla spiritualità e dall'ascetismo così elevati, da far definire questa zona la "Terrasanta del Basilianesirno in Calabria".
Nel monastero attualmente vivono dal 1994 in preghiera, studio e lavoro monaci greci-ortodossi che provengono dal Monte Athos in Gecia.
Sono tornati in questo luogo, rimasto per un lungo periodo abbandonato, spinti dalla fede e dai ricordi storici per elevare le loro preghiere al Signore Onnipotente così come tanti loro confratelli hanno fatto più di mille anni fa.
Questo monastero è l'unico in Italia che è stato  fondato da monaci aghioriti del Monte Santo: Athos.

BIZANTINI E NORMANNI

Dal VI all'XI sec. le regioni dell'Italia meridionale appartennero all'Impero Romano d'Oriente. In questo periodo a causa di alcuni avvenimenti vi fu una massiccia emigrazione di monaci orientali verso la Sicilia e la Calabria.
Il crescere della potenza arabo-maomettana nel secoloVII  mise in fuga molti anacoreti che dimoravano nei deserti di Siria, Egitto e Libia.
Le leggi iconoclaste, (la distruzione delle sacre immagini) promulgate dall'imperatore Leone Isaurico, diedero origine nel secolo successivo ad un esodo massiccio di asceti che fuggirono con le sacre icone. Dal IX sec. si trasferirono infine in Calabria i monaci della Sicilia invasa dagli Arabi.
Questi asceti, nell'interno della regione scarsamente abitato, crearono eremi, laure e cenobi; diffusero la lingua e la cultura dell'Oriente ortodosso arrecando gran beneficio economico alla gente del luogo.
Nel 1030 i Normanni, soldati di ventura già facenti capo al principe di Salerno, cominciarono a "conquistare terra" in proprio, entrando in conflitto con molti signori ed anche con il papa Leone IX che, nel 1053, fecero prigioniero a Civitate, in Puglia.
In seguito alla separazione tra la Chiesa Greco-Ortodossa e quella Romano-Cattolica sopravvenuta nel 1054, il Papa si rappicificò con i Normanni riconoscendone le conquiste: la Calabria nel 1059, l'Italia meridionale nel 1071, la Sicilia in un periodo successivo.
I normanni divenuti difensori del Papa ne assecondarono l'opera di latinizzazione volta a sottrarre all'ortodossia bizantina le diocesi greche dell'Italia meridionale evitando di esasperare i rapporti con le popolazioni di forti tradizioni greche.
I Normanni favorirono le fondazioni latine ad opera di monaci provenienti dal nord d'Italia e d'Europa, ma agirono con prudenza nei riguardi dei monaci greci.
Nel 1091 Papa Urbano II fece venire in Calabria il celebre S. Brunone di Colonia che, nelle Serre, fondò la Certosa di S. Stefano del Bosco.
A questa nuova fondazione, Ruggero il Normanno, nel 1094 fece donazione dei beni del monastero greco dell'Arsafia sul fiume Assi comprendente diversi casali, tra cui Bivongi, pertinenza del monastero degli Apostoli (il grande rudere che si nota salendo la strada per raggiungere S. Giovanni).

IL SANTO E IL MONASTERO

In questo piccolo insediamento monastico, posto tra le fiumare dell'Assi e dello Stilaro, visse nell'IX secolo S.Giovanni un umile monaco nato a Palermo a quei tempi occupata dagli Arabi. Da Palermo, per volontà della madre ivi condotta schiava dopo una razzia araba nelle campagne di Stilo, era scappato ancora ragazzo al fine di raggiungere la terra dei suoi padri, ricevere il battesimo e diventare cristiano.
Giovanni visse santamente e operò dei miracoli. Il più noto è quello della mietitura del grano a Maroni, un fondo verso la marina, che gli valse il titolo di Theristìs (Mietitore). 
La fama dei miracoli di S. Giovanni giunse fino alla corte del Gran Conte Ruggero il Normanno che concesse al monastero generose elargizioni. Venne così costruito un altro monastero più grande unitamente al Katholikon, l'attuale basilica edificata "in memore" di S. Giovanni Theristìs.
Il monastero divenne il più celebre cenobio greco della diocesi di Squillace, reso famoso poi dal Vivarium di Cassiodoro.
Avviatosi alla latinizzazione, il cenobio alternò periodi di grande fervore religioso ad altri di rilassatezza.
Il Papa inviava nel 1457 il Visitatore Apostolico che ne dichiarava lo stato di decadenza.
Con la costituzione nel 1579 dell'Ordine Basiliano d'Italia, il monastero divenne uno dei principali cenobi della nuova congregazione religiosa greco-cattolica (uniate).
Ancora nel secolo successivo risulta sede di noviziato e principale convento basiliano della Calabria meridionale. Fornito di una ricca biblioteca il monastero ha avuto illustri abati, tra i quali il dotto Apollinare Agresta della vicina Mammola.
Le diflicoltà create nel XVII sec. da una banda di briganti, determinarono l'abbandono del cenobio da parte dei monaci che si trasferirono nel 1662 a Stilo, nel grande convcnto di S. Giovanni Theristìs fuori le mura (S. Giovanni Nuovo), dove vennero traslate le reliquie di S. Giovanni e dei santi asceti Nicola e Ambrogio.
Così cominciò l'abbandono del vecchio monastero.
All'inizio del secolo scorso, sulla base delle leggi napoleoniche, il convento divenne di proprietà del comune di Bivongi e, dopo l'unificazione dell'Italia, fu venduto a diversi proprietari. Questi lo adattarono alle loro esigenze agricole. Nel 1980 fu donato dagli eredi nuovamente al Comune di Bivongi.

IL KATHOLIKON

La basilica, costruita nella seconda metà del secolo XI, costituisce una chiara testimonianza architettonica di passaggio dall'epoca bizantina a quella latina. Presenta infatti un misto di elementi architettonici bizantini e normanni.
La basilica si presenta come chiesa bizantina ma in dimensioni normanne. Elementi dell'architettura normanna si notano all'interno, nei quattro pilastri angolari chiusi da quattro archi che sorreggono la cupola: quello della navata e quello del presbiterio sono a sesto acuto (gotici).
La cupola poggia su una base cubica contornata da due file di denti di sega e diventa, all'altezza delle 4 finestrelle, ottagonale a causa di quattro nicchiette che smussano gli angoli del cubo. Sul prisma ottagonale s'innesta il cilindro della cupola coperto da una calotta ribassata.
All'esterno si evince invece lo stile bizantino della basilica, nei muri perimetrali costruiti con strati di pietra concia alternati con cotto, contornati da lesene di mattoni posti di piatto e di coltello chiudosi in alto ad arco. Le lesene all'esterno dell'abside, intersecandosi e intrecciandosi, formano archi ogivali ed insieme a tutto tondo di chiara ispirazione araba.

Essi rappresentano la più antica testimonianza in Italia di motivi architettonici arabi di tale tipo in chiese bizantine.
Tracce di affreschi denotano come i muri della basilica, fossero un tempo affrescati.
Le absidiole esterne e quella principale, gli spioventi delle stesse e dei bracci del transetto, la cupola, con il tamburo contornato da 16 sottili colonnine a mezzo tondo in cotto, che tutto sovrasta, offrono nell'insieme la visione di una struttura tutta protesa verso l'alto.